Questa è una storia di spot e psicologia di massa, pubblicità maschilista, razzista. Ed è anche una storia di pubblicitari.
I pubblicitari, probabilmente una razza aliena che ci manovra fin da tempi antichi e che ha inventato cose e frasi che noi oggi ripetiamo come fossero vere. Che oggi sono vere.
Non ci sono più le mezze stagioni. Forse questo slogan è una invenzione della pubblicità occulta per convincerci a vendere il vecchio diesel per passare all'elettrico! Non dimentichiamo che negli
anni 50 hanno convinto milioni di americani che la donna deve fare funzionare le lavatrici che gli uomini costruiscono, lavatrici che poi gli uomini non sanno usare. Una strana faccenda! O forse
i pubblicitari hanno ragioni per noi incomprensibili nel guidare le nostre vite, come l'innegabile utilità di internet cui fa eccezione facebook. Ma qui entrano in gioco le mutande,
quelle di Big Jim mi hanno fatto pensare a questa losca vicenda.
Le mutande si adattano ai tempi. Voglio dire, nel 1920 gli uomini usavano i mutandoni, magari in flanella. Nel 1960 arrivano sopra a mezza coscia più lunghe dei braghini da
calcio. Nel 1980 erano tagliate corte a coprire il necessario e poi arrivano i Bermuda e il tanga che più che coprire scompare nella ciccia stile cicatrice.
E non è solo questione di Erderwärmung come dicono i tedeschi, la differenza ora è nello stile. E che cos'è che definisce lo stile? La pubblicità. I pubblicitari.
I pubblicitari io li conosco. Ci lavoro! Sono una razza da cui stare alla larga solo che sono inevitabili perché non c'hanno il cartellino identificativo "Aktung: pubblicitario" e non li riconosci. Non sembrano marziani. Altra loro invenzione. Probabilmente.
Certo che se ti serve comunicare per la tua attività, ecco che allora un pubblicitario ti servirebbe. Siamo onesti, sanno vendere piuttosto bene. Il fatto è che conoscono così bene la nostra
mente da riuscire a indurci a fare cose lasciandoci la convinzione che sia una nostra scelta.
Ora sono molto impegnati a livello mondiale, i pubblicitari quelli veri non sono a vendere detersivi, stanno lavorando per i governi, i capi di stato, la finanza internazionale. A fare la
pubblicità ci lasciano i galoppini che ancora non hanno il senso del mestiere. E devo dire che si sente!
Un po' è dato dalla crisi economica, quella infinita che dura... da quanto dura la crisi? Mi fa pensare che forse chi la gestisce è un po' cialtrone. Oppure lo fa apposta: eh, sai siamo in
crisi...! Un trucco dei pubblicitari!
In ogni caso con la scusa che non ci sono i soldi e che la tecnologia ci ha aperto strade prima impossibili ora s'improvvisano pubblicitari anche coloro che proprio non lo sono. Li riconosci
anche perché non sanno usare la lingua in cui fanno la pubblicità, commettono errori di grammatica che perfino io riesco a riconoscere.
Invece il pubblicitario di razza sarebbe capace di farti nascere il desiderio di diventare villoso quando va di moda essere glabri e di rasarsi a pelle
sul pianeta delle scimmie.
I pubblicitari fanno diventare importanti cose che prima non ci avevi mai pensato! Trasformano l'aria in qualcosa da comprare assolutamente:
ma come, dirai tu, io l'ho sempre respirata gratis. Bello mio se vuoi respirare davvero compra l'aria giusta. E se la gente ti vede in giro che respiri l'aria comune, quella che c'è nell'aria, ti
guarda storto. Malissimo. E sono stati i pubblicitari a fare questo senza che tu neppure sappia chi incolpare.
E infatti crescendo ci portiamo dietro idee che arrivano dalla pubblicità la quale si palesa non solo negli spot ma anche nell'intrattenimento sotto forma di modi di fare di un personaggio che
poi fanno cultura: quello che fuma, quello che beve, quello che fa sport, quello che c'ha la macchina SUV; e noi lo vediamo nel film, nella serie TV e non immaginiamo che anche lui si chiuda in
bagno a fare i suoi bisogni. Quella è una stella dello star system, una divinità. Mica usa la carta igienica.
I pubblicitari ci hanno guidato fino a qui. Gente dalla mente fine capace di farmi dire negli spot cose che voi umani prendete per vere. E che poi diventano vere.
Ma guarda la cosa più da lontano, nel suo insieme: ok, la moto, la macchina, gli abiti, i profumi, le vacanze, la carta di credito, il telefonino, l'accendino, l'aperitivo con gli amici, la
serata con lei, l'amore, le nozze, il mutuo i figli, la scuola, la fame nel mondo, la pensione, la sigaretta elettronica.
Dai, è tutta roba che i pubblicitari ci hanno inculcato e che gente come me ha contribuito a fare arrivare nelle case della gente. Dovrei sentirmi in colpa.
Oggi ci piace così. Social ma non troppo, salutistica ma non troppo, verde ma non troppo, animalista ma non troppo, di sinistra ma non troppo, maschio ma non troppo, femmina ma non troppo. Ci
piace. Ma non troppo.
Ma noto un buco nei prodotti che mi hanno accompagnato fino ad oggi e che non trova spiegazione logica.
Soldatini, soldati, il dolce forno e la Barbie erano mezzi per indirizzare i caratteri dei bambini di allora attraverso l'idea di mondo dei pubblicitari di allora. Oggi il DolceForno se lo litigherebbero bambine e bambini e non per una questione di identità sessuale ma per via della TV e degli chef da piccolo schermo. Piccolo: 55 pollici non è piccolo!
Ma ti parlavo di Big Jim! Che non era uno chef, lui mangiava crudo, al sangue e solo ciò che catturava. Non mangiava verdure perché non c'era gusto a dargli la caccia. Quando pugnalava una carota non si sentiva una vera tigre che addenta la carotide.
Hei amico, che succede?
Ah, era fortissimo con quella faccia da duro ma simpatico. Ecco, contrapposto a Ken il biondino, mi ci immedesimavo in quell'affidabile ragazzaccio. Non avrei neppure tirato il collo al
pollo in tempi di carestia preferendo la carota al pollo con cui avrei condiviso il cibo, ma fa lo stesso, era ciò che io non sapevo essere.
E poi avendo un nemico da combattere c'era di che stare concentrati: Ken, il biondino furbastro!
Ma Jim conosceva il katate. Conosceva una sola mossa. Però era perfetta: schiacciavi il bottone sulla schiena e lui tirava una legnata con il braccio teso da lasciare sbalorditi!
Era vestito da SUB, era un sommozzatore con le bombole, il coltellaccio e combatteva con uno squalo di gomma enorme. Più grande di lui. Denti affilatissimi. Pieno di cicatrici. Sia lui che lo
squalo.
Una volta ho spogliato Big Jim per farlo diventare una specie di Indiana Jones e il mio senso estetico in erba ha avuto un sussulto: aveva i mutandoni. Non era un costume, neppure un
boxer, erano le mutande dello zio.
Quando un bell'uomo si spoglia, i pubblicitari ce lo dicono anche oggi, ti aspetti che tutto sia tarato a dovere. Però se sotto ha i mutandoni dello zio subito ti viene alla mente lo zio che esce
dalla doccia e il mito si opacizza un po'. Come quando vedi la faccia di un doppiatore e scopri che non somiglia per niente all'attore che doppia.
A meno che lo zio non sia Big Jim, ma non era il mio caso.
Caspita, forse era per quello che Barbie se ne stava ufficialmente con Ken, lui aveva più stile. Era un biondino che la sapeva lunga Ken, uno che sotto sotto mentre sorride in realtà ti sta
per lasciare in mutande!
Ecco, appunto. Le mutande.
Un oggetto che nel tempo ha cambiato il senso del proprio uso, non solo le dimensioni.
Sempre grazie ai pubblicitari.
L'intimo firmato. Quello con la scritta sull'elastico! C'è scritto per esempio "Enrico Coveri".
Durante il servizio di leva, perché sono abbastanza giovane da averlo fatto, avevo le mutande e le magliette col mio nome sopra. Paolo Balestri. Nessuno me le avrebbe prese e se avessi
dovuto perdere un capo di abbigliamento sopra c'era il mio nome. Capi firmati.
Ma le mutande che indosso oggi non sono mie.
O meglio, le ho comprate ma c'è il nome di qualcun altro sopra. Ricettazione?
Il potere della suggestione, la forza della pubblicità.
Si abbassano i pantaloni per mostrare, sopra la cintura slacciata, l'elastico della mutanda con sopra il nome di qualcun altro. A parte Enrico che porta le sue.
Dov'è finito l'orgoglio? L'amor proprio! Direbbe un uomo d'altri tempi!
E se Enrico le rivolesse indietro? Dico io!
Però occorre anche collocare nel tempo quell'oggetto: anni '70!
A Big Jim non servivano le mutande firmate per essere figo.
I pubblicitari all'epoca stavano convincendo gli uomini a bere l'amaro e fumare sigarette, a mettersi i capelli di Cesare Ragazzi; dicevano che lo zucchero fa bene al cervello, che
Playboy era una rivista culturale, dicevano "la benzina del tigre", c'era il Marlboro Man, dicevano chi beve birra campa cent'anni.
Forse causa troppa birra gli è sfuggita l'occasione, il gancio su una generazione che poi si è persa, confusa dall'assenza della linea di prodotti firmata Big Jim. L'unico che conduceva una
vita sana e, come si dice oggi, sostenibile. Perché se proprio non c'era sapone, beh, non si lavava, salvando fiumi, mari, salmoni e balene.
Il modello per fare crescere una generazione di uomini green ce l'avevano già ed era un eterno ragazzaccio. Poi c'è un fatto psicologico che giocava a favore dei pubblicitari, magari un po' maschilista ma non è che i pubblicitari abbiano mai trattato bene le donne. Nessuno l'aveva mai messo per iscritto ma tutti i ragazzini sapevano che Jim era l'amante di Barbie. E a lei andava benissimo! Così sembrava almeno. Accadeva quando Ken, fidanzato ufficiale, andava al tennis. A volte anche quando si faceva la doccia nella Roulotte di Barbie, perché ci metteva un sacco a lavarsi e profumarsi: lo shampoo per i capelli biondi, il balsamo, il sapone per la pelle delicata del viso, quello per il corpo snellente, quello per i piedi e poi le creme dopo doccia, una per ogni parte del corpo.
Sai quanto tempo avevano Jim e Barbie? Il tempo di una doccia!
Ecco, queste informazioni erano ormai parte dell'immaginario dei ragazzini, quindi al pubblicitario bastava accennare poche intenzioni negli spot per scatenare nella mente tutto il resto, che i pensieri sarebbero andati al loro posto da soli. Per induzione. Per magnetismo. Per gravità.
I pubblicitari avrebbero anche potuto realizzare una linea doccia Big Jim, molto semplice: un unico prodotto nelle fragranze deserto della paura, palude del destino, grotta
del tesoro, in volo sulla Thundra.
Perfetto per capelli, barba e corpo. Jim se lo versava in testa e con un unico prodotto che colava per forza di gravità e spazzava via la polvere dell'avventura da capo a piedi! Se voleva con la
stessa saponata poteva radersi col Rasoio OneBlade Big Jim: una sola affilatissima lama. Perché lui faceva sempre una sola cosa alla volta.
Nel frattempo, per gli appassionati di Ken c'erano tutte le specialità: Ken Hair, rispetta il biondo sole dei tuoi capelli. Ken Visage, per una pelle sempre morbidissima.
Ken Shave e l'octoblade di alluminio per una rasatura perfetta per i peli del viso, ascelle e gambe. Poi il sapone per le spalle, quello per gli addominali... ecco. Il sapone
intimo non era facile da introdurre perché i tre eroi erano asessuati. Era tutta immaginazione e quella non necessita di PH neutro. Però avevano le ascelle e si poteva usare il deodorante
nelle fragranze:
terra Rossa Battuta, Volé, 15-0, 30-0 e Set, a seconda del grado di persistenza del deodorante.
Barbie ha ancora oggi tutta una serie di gadget firmati, ma sono rimaste cose da bambine perché le donne crescono in fretta e a 12 anni sono già laureate.
Invece Jim, Big Jim poteva essere una sorta di eroe per gli uomini.
Gli uomini non superano i 12 anni, una buona media resta intorno agli 8.
L'uomo è il pubblico perfetto per Big Jim. Ma pure per Ken.
Una eterna battaglia tra il bello è la bestia!
Ma Jim è stato mollato. I pubblicitari hanno sostenuto il modello Ken allevando il consumatore verso una vita di coppia, patinata, da rivista. Certo, perché lo sanno i pubblicitari come
si investe nel domani: cominciando da piccolo a dire al giovane uomo chi è, poi sarà l'essere umano con le sue inclinazioni a decidere se si sente più Jim, più Ken o più Barbie.
Ascoltali gli spot, raccontano chi il pubblicitario vuole che tu sia!
Per l'uomo che non deve chiedere mai... Intimo Big Jim.
Ok, idea già presa...
lei che dice: ma come facevi a saperlo?
e lui...
Un uomo vero certe cose le sa!
Intimo Big Jim, per l'uomo per la donna.
E qui l'assenza della virgola evidenzia un carattere etero dello spot che forse oggi dovrebbe riflettere meglio le tendenze, quindi lo slogan potrebbe essere
"per l'uomo per la donna per l'uomo." Senza virgole.
Insomma, una ammucchiata più che uno spot.
Il modello Big Jim che caccia solo per nutrirsi e porta a casa la preda per nutrire la sua bella: "andavano bene due zucchine caro, o una mela!"
Jim, lui si lava sotto la cascata e si strofina con i rami del pino selvatico!
Non gli interessa l'abito firmato, la macchina di lusso, il SUV. Ho il sospetto che sia questa la ragione, non ha mercato.
Certo, manca totalmente una figura femminile degna perché Barbie era proprio strana: bionda, mai arrabbiata e chi conosce le donne sa che quando girano girano! In particolare alle bionde anche se
tinte.
A sì, adesso è chiaro che è un mondo finto.
Il pubblicitario ha scelto come inculcare nell'immaginario un modello ed ha scelto lo stile Ken lasciando cadere nell'ombra Jim che è scomparso tra i boschi.
Infatti Ken e Barbie si sono sposati, c'è una bamboletta che è la figlia di Barbie, sulla paternità di Ken ci sono ancora dubbi visto che la plastica sembra quella di Jim, comunque è andata così.
Sono felici e Jim non c'è più.
Manco fumava, poverino.
Però le mutande le portava, bastava mettergli un modello più stiloso.
Ora forse farei gli spot per il brand Big Jim e il mondo sarebbe un posto migliore. Forse. Invece delle mutande di Enrico Coveri, porterei quelle di Jim con scritto proprio li davanti
BIG! D'altra parte le donne si conquistano facendole ridere. Comunque, se hai messo su qualche chilo ti basterebbe girarle e la scritta BIG passerebbe dietro. Tutto a posto.
Insomma, mettendo insieme tutti i dettagli capisco perché non si sono dati da fare con la linea Big Jim. Sì ora mi è chiaro. Jim era sempre a caccia, a pesca, a lottare con qualche cosa di terribile e a fare il cascamorto con Barbie e a salvare gli animali, quelli che non gli servivano per cena. Sarebbe stato un mondo libero. Non gli avresti venduto molta roba: qualche coltello, forse un fucile, un cappello e le mutande.
Questo significa solo una cosa: Ken... Ken è un pubblicitario!
La mia battaglia con Ken era una battaglia persa fin dall'inizio!
Ken, il bistrattato biondino, lui andava al tennis, frequentava gli ambienti bene, aveva cultura, classe, una bella macchina. Era bianco ma non troppo, atletico ma non troppo, etero ma non troppo, simpatico ma non troppo.
Un vero consumatore, figlio della macchina del consumismo.
I pubblicitari hanno lasciato cadere Big Jim nell'oblio.
Ora mi sento come Rambo, Jim Rambo, lasciato a sopravvivere nella foresta ai margini della città. Isolato, a cucirsi le ferite da solo. Senza un'infermiera.
Dai Ken, fatti avanti! E lui direbbe
K- "chi sei tu"
... perché manco si ricorda di me!
E io gli direi, ma non con la mia voce, con quella di Ferruccio Amendola:
B- "il tuo incubo peggiore!" Muahahahahaha ha ha.... ! Bum!
Poco dopo arriva Barbie...
B- Ken… Ken, dove sei? Facciamo tardi al tennis!
K- Sono qui… Barbie dammi una mano…
B- Oh Ken! Ma sei a pezzi... la destra o la sinistra?
K- Questa è la destra… guarda, la sotto c'è la gamba.
B- Ma cos è stato? Cosa hai fatto?
K- C'era un pazzo vestito da Rambo, era armato e mi ha sparato una cannonata…
B- Avrai barato a Poker e ce l'aveva con te!
K- Ma dai! Era lui quello? Ma era solo una partita. Si è giocato un paio di bombole e uno squalo di gomma e ha perso.
B- Oh, guarda, le tue mutande sono su quell'albero. Io non ci arrivo!
K- No, quelle non sono le mie mutande! Le me sono griffate! Se le sarà prese Rambo! Certi matti dovrebbero stare rinchiusi nella loro scatola!
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