Oggi si parla di tromboni!
Forse dirò qualche parolaccia, quindi non lasciarmi con il bimbo piccolo. Ma questi sono argomenti da grandi. Nulla di scabroso. Forse!
Quando ho iniziato ad appassionarmi al mestiere dello speaker, gli attori che sapevano parlare e che quindi facevano gli spot e i documentari erano capaci di dare la cosiddetta "intenzione" perfino alla singola parola. Si studiavano le chiusure.
La parola può essere detta aperta, sospesa, chiusa, definitiva.
La parola.
Noi che eravamo agli inizi, che non avevamo ancora alcuna mobilità della voce e nessuna capacità recitativa, quando davamo l'intenzione era tutto come prima. Non c'era differenza. Come quando
sostituisci le lampadine con quelle a Led a basso consumo e la bolletta arriva come prima. Più di prima.
Oggi, quel modo di dare le intenzioni forse è superato. Un po' come quando guardi i film degli anni 60 dove i doppiatori aggiungevano quel birignao alle parole. Usavano anche parole desuete che recitate con quel modo antico così si assegnavano al passato come il sax tenore nella musica anni 80. Roba vecchia. Un attore che si presenta con quel suono è detto un vecchio trombone.
Ma l'intenzione resta. Avrà anche cambiato colore, intensità, modo, ma per ora ce ne serviamo.
L'intenzione è quel particolare sentimento che deve trasparire nella singola parola che stai recitando.
Frutto di studio e ricerca introspettiva di ogni attore. Frutto del lavoro di disassemblaggio del proprio io.
In pratica con l'aiuto del maestro oppure da solo se ne è capace, l'attore si smonta pezzo per pezzo per arrivare a comprendere come viene generata la parola nel percorso che la parola intraprende dal testo sulla carta agli occhi, per poi proseguire nella memoria, nell'immaginario, nell'istinto e in qualsiasi altra parte della mente dove vada a rimbalzare per, dopo un giro lungo non sai quanto, arrivare alla bocca.
Prima però la parola deve aver messo in moto l'emissione del suono e quindi tutti i componenti: essa parte dal fiato e a cavallo di quel puledro, spinta dal diaframma passa al petto e quindi
viene deviata alla maschera dove con uno scarto degno di uno slalomista evita il naso, prende la spinta verso la bocca senza ingolarsi e prima di uscire, assume la forma corretta attraverso la
spatola della lingua, lo scalpello dei denti e la rifinitura delle labbra.
Ora finalmente la parola vede la luce.
Detta così è facile. Il percorso invece è lungo e tortuoso.
Inizia con un pianto catartico e prosegue come una ricerca introspettiva,
passando attraverso mille considerazioni filosofiche su cosa è la vita, su perché noi siamo qui adesso, se in fondo non sia tutta una illusione la nostra esistenza. A cosa siamo destinati? Essere
o non essere? Questo è il dilemma.
Se sia più onorevole alzarsi al cinema quando ancora le luci sono spente e i titoli di coda scorrono, ignorando le molteplici persone che hanno contribuito all'opera o restare, insistere con
l'inserviente che vorrebbe spazzarti le scarpe e sfidare financo il buttafuori per poter vedere il finale di 30 secondi che arriva quando ormai le luci sono accese e sta entrando la seconda
ondata di gente non ancora assetata dai popcorn troppo salati? Andare, o restare? Questo è il dilemma. Sicuramente andare fin che il bar è aperto per dissetare la bocca riarsa dagli stessi
popcorn che ci seccano la vita e sperare che il destino abbia lasciato una aranciata senza zucchero fredda gelata, o che vi sia una bottiglia gassata in frigo. Altrimenti arrancare fino al
parcheggio e trovare la bottiglia dell'estate scorsa sotto il sedile, calda, rassicurante, liquida. Bleah.
Sono considerazioni che rendono un uomo, una donna. Una donna, un uomo.
Accade che tu inizi, i produttori ti prendono sotto le loro ali, cresci con loro, diventi un loro cavallo da battaglia. Tu sei giovane e dotato, loro sono adulti e generosi d'esperienza. E
così, passano gli anni mentre lavori affinando queste tecniche, impari a dare alla singola lettera una intenzione.
La singola parola è un libro intero e la singola lettera, pure lei può essere riempita di colore: a, aaa... ah, A, Aa, aA... O, oo, oO, Ooo! Allungata, accorciata, strizzata, assume un
diverso senso. E ora con sicumera baldanza ti dici: figurati cosa posso fare alle parole. Datemene tante. Sto arrivando!
Quando sei all'apice, dopo che per anni hai lavorato con persone che ti hanno voluto così, colorato, pieno di intenzioni, intenso... quelle persone vanno in pensione! Ciao ciao! Ci
siamo divertiti. Ti scrivo dalla nave in crociera!
Ok, sei al massimo della tua forma, che sarà mai. Un cliente chiude e tu sei disponibile per uno nuovo. Si chiude una porta e si apre un portone.
Si ma questo è nuovo, è un cliente più nuovo di te!
Gli piace la tua voce, il suono, proprio quello. Voce duttile, calda, rassicurante, sorridente. Gli piace. Ma l'espressività la devi alleggerire. Mettila a dieta!
Hai troppe intenzioni. Troppo marcate. Sei grasso, nella voce.
Il nuovo cliente ha una visione nuova del prodotto. Più moderna. Oh caspita!
Inizia la sfida! Sei a un bivio, devi decidere se diventare un vecchio trombone oppure imparare i nuovi suoni, le nuove sfumature, le nuove intenzioni e rinnovarti. E allora decidi di fare come
Rocky Balboa e corri gridando Adriaaaanaaaaa ...
Ma l'impatto è comunque un impatto. Improvviso. Forte. Inevitabile. Prima di renderti conto che devi fare un cambiamento, di colpo sbarchi nel presente! Le mode sono cambiate, la percezione
che la gente ha dei tromboni è cambiata.
Quel che fai tu, quel che per anni hai fatto e che adesso fai da dio, improvvisamente è andato in pensione coi tuoi amici clienti.
Ma come passa il tempo quando ti diverti.
In quel momento, quando realizzi l'accaduto ti senti come uno sceso dalla macchina del tempo con i pantaloni a vita alta e a zampa di elefante, la camicia con il colletto largo, le
sigarette nel taschino, gli occhiali da sole.
Sei davanti a un cinema. Guardi e vedi il cartellone di Guerre Stellari!
Poi togli gli occhiali da sole e dici Beh, mi sembra di essere a casa!" Ma poi guardi meglio e non riconosci le facce!
La stessa storia di sempre ma tutto il paesaggio è nuovo!
- "hei, lei... "
- see? dice a me?
- Quando è stato che hanno cambiato gli attori? Che fine ha fatto Luke? E Jan Solo? Qui non c'è.
- Eeeh? te sei un bel tipo ve! Da dove vieni? Jan Solo lo hanno ammazzato!
- Aaaah! Quando? Chi è Stato.
- Cioè, fratello, mi dispiace oh, vuoi da bere? Vuoi uno spriz? Sono passati secoli. Fattene una ragione! C'è gente che non crede che sia morto Michael Jackson...
- Eh? Morto? Ma quando?
- Fratello, ti vedo bello incasinato a te...
- Sinatra? C'è ancora?
- Morto
- Gassman?
- Quello c'è ancora ma è giovane... a ma te dici il padre? Non c'è mica più. Quello era uno bravo eh...
- Pavarotti? Dalla?
- Eh bello sono tutti andati...
- Oh caspita! Facciamo prima se mi dici chi è rimasto.
- Oh ma te sei scaduto...
- ... scaduto! Il bollo non l'avrò pagato. Saranno 5 milioni di lire a quest'ora...
- Lire? Oh bello, cosa sono le lire?
...
- Cosa intendi dire?
Il Radio, è il nomignolo che si usa in studio per gli spot radio! Ecco, nei Radio locali, le intenzioni sono tutte eccessive perché i 30 secondi sono diventati 15 e gli speaker degli
spot hanno pochissimo tempo per farsi capire. Tutti gridano, non c'è spazio a dividere uno spot dall'altro.
Non serve. Ma in fondo le menti giovani non lo vogliono, a che gli serve perdere tempo? Noi giovani siamo veloci. Essenzialità. In fondo una parola da sola ha già il suo significato. Gridala o
dilla ma non perderti a dare intenzione. Non essere un trombone.
Alla radio, per farti un esempio, gli spot negli anni 80 erano lenti. Li scrivevano le agenzie pubblicitarie e ogni spot doveva avere il suo tempo. Era un momento in cui l'ascoltatore poteva
immergersi nei 30 secondi di lenta creatività. Anche in TV. Voci tonde, piene di intenzioni colorate, parole lente. Musica, scelta apposta, poi scenetta, poi la voce, lo slogan. Ed erano già più
veloci e compatti rispetto alla roba anni 70, 60, 50. E mi fermo qui altrimenti arrivo a Shakespeare.
Insomma, nel tempo tutto si è velocizzato come il vortice d'acqua nel lavandino; o corri sull'onda o finisci nel gorgo dei tromboni.
Finiti gli anni '80 le agenzie hanno avuto sempre meno occasioni di entrare nelle radio libere, prima sono sparite dalle radio locali poi anche da quelle nazionali dove gli spot hanno
perduto assieme alle agenzie pubblicitarie la creatività, il tempo di esporla alla vecchia maniera. Ma qui non è questione di modernità, piuttosto la mancanza di mestiere: l'assenza di mestiere
nella scrittura dei testi, il lavoro dei copy d'agenzia, si faceva sentire con i testi scritti spesso gli stessi committenti che facevano altri mestieri e che non avevano idea di come scrivere un
testo. Al massimo una bolla di carico ma un radio richiedeva mestiere anche per sbagliarlo! Ma erano uno spasso: un continuo "ma dove corri? Corro alla svendita" oppure "Ciao Anna, scusa
ma sono di corsa. E dove vai? Ma vado Al negozio tal dei tali, non lo sai che ci sono le occasioni? Corri anche tu!"
Più che campagne pubblicitarie erano maratone.
Non che fosse tutto fantastico con la creatività degli anni passati, anzi, c’era parecchia roba discutibile. Ti ricordi quella... dormi tranquillo e asciutto?
La Lines! Linea per neonati. Bella canzoncina ma poi il pubblico l’ha castigata: "dormi tranquillo e asciutto Lines Notte assorbe tutto!"
E il pubblico: "sono tutto bagnato, Lines Notte mi ha fregato!"
E hanno ragione i tuoi nuovi clienti! Ci sono un sacco di belle produzioni più adatte ai nostri tempi. E così tanti tra noi con esperienza sule spalle hanno rifatto il percorso introspettivo
imparando a togliere, a mettere solo l’essenza come quando Fontana, il pittore, espresse l'essenzialità andando oltre la pittura e fece un taglio nella tela! Un successone. Milioni di euro a
tela. Tagliata.
Me è GENIALE! Datemi un cutter, devo tagliare un trombone!
Alla radio e negli in-store sono arrivati gli oggetti in vendita che parlano: le zucchine che raccontano ai pomodori quanto sono convenienti e che non gl'importa un fico secco di essere vendute a
metà prezzo. Nuova creatività essenziale dove tutto parla. Pure i carrelli parlano:
- Signora? Sono il suo carrello della spesa. Peccato che io essendo un carrello non possa assaggiare quello che lei mi mette dentro!
- Bello! Non sono una signora! Ho appena caricato un sacco di stallatico.
- Essendo un carrello non so cosa sia lo stallatico.
- Cacca di mucca secca per l'orto.
- Fortuna che sono un carrello.
Quando il testo è creativo, non c'è bisogno di intenzioni.
L'intenzione è palese. Ma pur essendo creativo arriva al suo obiettivo: riempire il carrello! Ma ecco che la fantascienza diventa realtà: il carrello parla già per davvero, con voce
sintetica. Il carrello smart.
Non ha intenzioni molto belle nella voce ma come vedi il contesto fa si che si intenda benissimo cosa vuole da te. Lui fa il conto e non devi neppure vuotarlo sul nastro per pagare
ma passi sotto un sensore e il carrello ti dice:
- Sono il suo carrello della spesa. Le mancano solo 10 centesimi per raggiungere l'importo che le da diritto allo sconto del 5%.
- Oh caspita! Se me lo avessi detto prima. Stiamo per uscire.
- Può prendere uno dei tanti utilissimi oggetti qui attorno: una crema per la depilazione delle gambe.
- Io non mi depilo e poi costa 15€.
- Ecco il cofanetto dei viaggi da sogno, una notte in un resort.
- Costa 250€! Hai detto 10 centesimi. C'è un lecca-lecca?
- C'è la confezione convenienza a soli 25€: tutti i gusti più uno.
- E quale sarebbe il più uno?
- Stallatico. Gusto di campagna. Lo provi. Avrà il 5% di sconto sulla spesa.
- Ok, sai che faccio' esco e ti lascio qui! Maldetto carrello parlante!
- Come vuole gentile cliente. Addebiteremo l'importo della spesa senza sconto sulla sua carta di credito e metteremo la merce in magazzino tra gli oggetti smarriti.
- Eh no! Ci sono i surgelati. Carrello bastardo.
- Gentile cliente, il suo tono suggerisce rabbia e malcontento.
- Ah... si capiva l'intenzione?
- Sono molto dispiaciuto. Cosa posso fare per renderla felice?
- Fottiti mio caro.
...
- Mi dispiace che essendo un carrello non posso fòttermi da solo.
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alessandra mandese (lunedì, 06 maggio 2019 17:40)
Molto bello il tuo "vecchio trombone" . Anche a me ormai chiedono sempre di "alleggerire" dopo anni di studio analitico della parola!!!! Ho sorriso tanto nel leggerti. Un bacio caro Paolo
Paolo (lunedì, 06 maggio 2019 19:46)
Ciao Alessandra! Grazie!