Anni fa sentivo una forte pressione qui, sul petto. Era ansia. Ed era più forte la mattina, ma in genere perdurava tutto il giorno.
Ma… la mattina sentivo un bisogno irresistibile di conoscere dove andava il mondo. Così leggevo giornali, riviste, ascoltavo notiziari e approfondimenti. Gli esperti che mi avrebbero spiegato le contorte cose.
Fino a che, per reazione, decisi di staccare: che vada a farsi fottere il mondo.
Qualche settimana dopo quella insana scelta, un pomeriggio estivo entrai in un bar e sorseggiando una birra mi misi a sfogliare il giornale sul frigo dei gelati. Ma guarda, perché mettere un vecchio giornale a disposizione del pubblico. Cercai sui tavoli e c’erano altri quotidiani, quelli sportivi. Erano recenti, dalle date riportate.
La data: quella sul mio giornale era giusta. Non era vecchio. Erano le notizie ad essere sempre quelle. In generale nulla era cambito in un mese. Sì, dettagli a cui non feci caso. Il quadro generale era sempre lo stesso.
Lasciai passare due mesi. C’era stato qualche cosa di nuovo, qualche faccia che non sapevo riconoscere ma che era facile indagare. Una nuova stella, della politica, della malavita o dello sport o della tv. Ma i fatti, a parte i dettagli, erano sempre gli stessi.
Quindi il mondo dove stava andando?
Probabilmente ci andava da qualche parte ma non era scritto li sopra.
Li sopra c’era e c’è sempre il caos. Una emergenza dietro l’altra.
Un perenne stato di eccezione, una continua tensione in equilibrio tra l’abisso e la speranza. Il caos non è una eccezione, il caos è la regola.
E allora che venga il silenzio.
Silenzio. Per rimettermi in contatto con me stesso. Tutto spento. Finalmente sento solo l’aria, gli insetti, gli uccelli, l’acqua, la vita che scorre. Quella vera. Sento il mio sangue nelle vene. Sento il cuore che batte.
Ed ecco, la nebbia si dirada e posso vedere l’orizzonte. Guardo il passato, la strada percorsa. Nulla è davvero cambiato. Solo dettagli: tecnologia, facce, colori. Ma il disegno è sempre lo stesso, una energia folle generata dalla paura e dalle speranze in perenne equilibrio.
Non lo puoi raccontare, passi per uno originale. In fondo ti basta aprire un quotidiano per vedere la realtà.
Sempre ammesso che ti stia raccontando davvero la realtà.
Qualcuno disse che non esiste il passato, perché è passato. Non esiste il futuro perché deve ancora accadere. Esiste solo il presente, adesso, il momento. Ma come tutte le frasi importanti può essere letta in vari modi perché la nostra lingua è grezza. Anche con le parole più colte non riesce ad esprimere il concetto che ti si apre nella mente quando comprendi qualcosa. Quando hai una intuizione. Prima la vedi nel suo intéro, poi la traduci in parole, per renderla più terrena. Ma ogni parola avrà un sigificato imbevuto delle tue convinzioni.
Non devo pensare al passato: per non trascinarmi i sensi di colpa. Per non percepire il fallimento della mia esistenza, rispetto ai miei sogni.
Però cancellarlo dalla mia mente non mi consente di avere un quadro generale, di fare una statistica. Senza essere un matematico posso comunque farmi un idea.
Senza il passato vedrei solo il presente senza riferimenti e quindi senza un perché plausibile. Perché sono qui oggi? Perché ieri ho camminato fino a qui. Non ho avuto incidenti, quindi oggi sono qui. Posso presumere che se camminerò anche oggi, arriverò laggiù. Che sarà il “qui” di domani.
Non ne ho cerrtezza ma guardando al passato posso sperare in una buona camminata perché adesso non c’è nulla di nuovo che mi faccia temere. Nessun pericolo in vista. A meno che il passato sia stato dipinto di tinte fosche. Ed io non ricordandolo più lo vada a leggere da qualche parte. In qualche luogo incensurato.
Ma il futuro è l’incognita che si affronta con il coraggio. La paura invece ti tiene ancorato al presente, all’oggi, al rimpianto perché ieri non avevi questa paura. Una paura nuova ogni giorno. Diversa da quella di prima ma sempre paura è. Quindi che faccio? Non cammino. Sto fermo qui. Non vado avanti.
Ci sono mille modi di raccontare il passato. Il passato è la storia più narrata in assoluto. Non è il presente. Si chiama quotidiano ma non parla di oggi. Parla del passato per dipingerti un futuro credibile sulle solide basi dei fatti accaduti. Narrati dagli esperti. E tu li devi conoscere adesso. Perché sei ignorante e stupido quindi riscattati. Adesso. Ogni istante è adesso.
Ogni giorno c’è un passato narrato da chi lo spaccia per quotidianità ficcando un telo bianco contro il cielo e dipingendovi sopra un orizzonte che tu devi accettare.
Quello è il tuo domani. Accettalo o non sei realista.
Sei un… “ista di qualche tipo” basta che ti si possa facilmente collocare tra gli scarti, tra le cose da gettare nella stufa, fra le fiamme del pubblico ludibrio.
Ha ha ha.. tutti rideranno di te se metti in dubbio.
Adeguati, guarda l’orizzonte dipinto sul telo e temi per la tua vita. Ma abbi speranza.
Però sentiti in colpa, perché sei tu la causa di quello che vedi sul telo che copre il cielo. Anche se non hai fatto nulla. Perché tu sei innocente vittima di chi ti vuole male. Combattilo! Combattere quel nemico che adesso conosci, per poter dipingere un sole che ride su un arcobaleno, su quel telo che copre il cielo.
E poter leggere, un giorno, su quel quotidiano, che quel nemico è sconfitto. Prendi un po’ d’aria oggi, domani potrebbe non essere più respirabile.
Io non sono un artista della voce, io sono un colore in un tubetto.
Sono capace di cambiare e di sembrare quasi vero come quello che vedresti in cielo ma sono un pigmento. Un illusione.
Le parole che narro per mestiere sono un passato difficilmente confutabile, che sia vero o no, per dipingere un presente di necessità ed un possibile futuro da farti desiderare. Sarai tu a scegliere. Libero arbitrio.
Io sarò solo il colore scelto dall’artista che riuscirà a dipingere un quadro abbastanza convincente da spingerti in una direzione dove avrai deciso di riporre la tua speranza. Un prodotto, di cui sarai felice. Un idea, che farai tua. Non importa cosa.
Solo il silenzio potrebbe dirti la verità.
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