Prosegue il mio studio della campagna pubblicitaria chiamata
“lo spot per chi fa gli spot”
Faccio un briefing, brainstorming, un cogitorum parola assolutamente incerta per dare lustro al mio "pensar con me stesso"... uuh che folla!
Lascio liberi un po’ di pensieri ad alta voce e vedo dove tutto questo mi porta.
Tutto nasce da una proposta di una redazione radio televisiva che voleva vendermi spazi pubblicitari...
realizzati con voce di speaker professionista. E chi sarebbe questo collega? Fuori i nomi!
Mi è rimasto il tarlo dello spot per chi li fa gli spot. E questo è l'episodio 2!
Un modo differente per la promozione dello speaker, differente dalla proposizione classica dei lavori già realizzati per altri, che è un sistema semplice ma con diverse
lacune: credibilità nel tempo del prodotto, prestigio del marchio, diventi la voce di quella cosa, ma se il prodotto si sputtana per questioni
sociopolitiche? Se un potenziale cliente è concorrente di uno dei tuoi prodotti-demo? Se cambiano la voce al prodotto e diventi l’ex voce del prodotto?!?
Insomma, per quanto essere la voce di qualcosa possa dare prestigio, tale suggestione è legata ad un destino incontrollabile!
Il tuo prodotto di punta, il suo lavoro l'ha già fatto, non serve rimarcarlo,
la voce il pubblico l’ha comunque sentita, gli è diventata familiare e questo basta e avanza. Ora si potrebbe proseguire con l'advertising di te stesso!
Ora sei tu il prodotto da pubblicizzare! Cioè, sono io. Parlavo tra me e me!
brain storming
Sfruttando le tecniche di quelli per cui la mia voce lavora tutti i santi giorni, mi faccio una campagna come se la mia voce fosse un prodotto industriale, artigianale, un gioiello, un capo di abbigliamento di gran moda, un auto di lusso o un ruggente fuori strada, un cavallo... o un somaro, dipende dal contesto.
Dividere la mia voce dal mio corpo!
la voce è il prodotto, puoi ottenerla dal produttore!
Se ti piace anche il paolone lo puoi avere col suo vocione. Se preferisci solo il la voce come un pacco di biscotti senza per forza avere a che fare col fornaio, puoi. Una camicia senza il
sarto, una botte di barolo senza l'ubriaco, un cacio senza il cavallo!
Circa la questione del senso di esclusiva, non c' è esclusiva ma, si lascia intendere che non sia per tutti! La voce che io posseggo, la devi volere, la devi amare, per meritartela. Eh? Ah, la psicologia pubblicitaria.
Però c'è il rischio di passare per quello che parla di se in terza persona!
Un equilibrio di comunicazione delicato, se poi diventa una entità a parte sembra sia uno spirito che alberga in me, cioè io sono posseduto!
Inquietante ma anche intrigante, per tutti i santi!
Cioè un idea adatta ad Halloween!
Comunque la domanda è lecita, io possiedo la voce o è la voce che mi possiede?
Il posseduto! Prossimamente sulle vostre casse, cuffie, orecchie...
Magari ci faccio un altro spot, un po’ terrificante!
Comunque “il padrone della voce” è già stato usato, poi l’ha sfruttato negli anni "90 e 2000 il mio collega Paolo, l’altro Paolo, quello senza capelli!
Ok, restiamo sul pezzo, io sono l’amministratore, la voce è il prodotto.
Come Giovanni Rana. Una faccia una pasta fresca! Un Paolo Balestri una voce.
Segnata la via, occorre adattare una campagna efficace secondo questi parametri: unicità, soddisfazione, conquista.
Facciamo un iperbole, un ragionamento: immagina di volere per la tua produzione Marlon Brando, la prima cosa che pensi è che non accetterà mai perché tu sei troppo piccolo,
insignificante per lui che è una star.
Sì lo so che la prima cosa che pensi è che è morto, ma è il testimonial migliore, se non escono segreti raccapriccianti postumi e resta santo, capisci a mé!
Allora, tu lo chiami e lui ti dice “Ok man! I ca do it”.. eh?
Ti senti onorato, benedetto, fortunato… e anche un po' Mario!
Se invece Marlon venisse da te a chiederti di fare da testimonial scadrebbe, sarebbe umano come te perderesti interesse!
Lo scopo della pubblicità dovrebbe essere quello di elevare il prodotto in modo che il pubblico senta di volerlo e non che il prodotto abbia necessità del pubblico. Anche se è così. Senza pubblico che fa il prodotto? Si auto usa?
Per capire se ha funzionato, alla prossima telefonata che mi arriva a cui dico “sì, posso farlo per voi” dovrei sentire grida di giubilo.
Yeah… abbiamo l’escluisiva…
Ecco un altra campagna da cannibalizzare! Ma non oggi.
L’idea creativa
Stavo guardando un cartello che campeggia nei centri commerciali della mia zona: una serie di cartelli pubblicitari che aspettano un compratore.
Sopra al cartello c’è scritto…
QUESTO SPAZIO POTREBBE ESSERE TUO!
Con tanto di mano col dito puntato verso di te! Una minaccia più che un offerta.
Mutuato dal famosissimo zio Sam che sia nella prima che nella seconda guerra mondiale andava a caccia di carne fresca per i suoi cannoni.
I want you!
Secondo logica quello spot col dito puntato sarebbe sbagliato ma nessuno associa più quel cartello al significato terrificante che si porta dietro, e comunque se lo vedi da patriota è eroico. Quindi perché no!
Lo spot potrebbe essere…
Questa voce può essere tua! (in varie versioni)
Migliaia di persone ascoltano ogni giorno!
Restano incantate dalle parole delle voci più belle dell’etere,
mentre vivono la vita intrisa di curiosità, sete di sapere, desideri e necessità.
Ci sarà questa voce, con le parole tanto attese, che arriverà dritta al cuore.
Questa voce può essere tua! Mira il dito.
Scopri se te la meriti, paolobalestri.com
Eh? Come suona? Non solo per gli spot, vedi? Podcast, documentari…
solo la parte dei desideri dice cose sulla pubblicità.
Parlo delle voci più belle quindi non mi sto arrogando l'esclusiva tipo "cell'hai solo tu" ma rimarco che questa può essere tua!
Mmmh... con "mira il dito finisce" che tutti fanno il dito medio, lo so come fa la gente, ok, togliamolo.
Poi la cartellonistica dice you want me... non è congrua.
Eh, qui mi serve un grafico, oppure lo dico in inglese "YOU WANT ME" ma se poi suona come "buoni giorna" ad un madrelingua?
Almeno il tocco finale sull’esclusività? Eh?
Troppo? Anche quello...
Tolgo il “se te lo meriti”? Mi mandano a quel paese, dici?
Ok, tolgo il “se te lo meriti”.
Sì, forse è troppo.
C’è già tanta gente a quel paese non vorrei andarci anch'io.
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